Matteo Gioia, la difficile gestione dello sport durante la pandemia

Matteo Gioia, la difficile gestione dello sport durante la pandemia

19 Luglio 2021 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

Sono 11 le mutazioni del virus sotto osservazione diffuse ormai in decine di Paesi di tutto il mondo. Quelle che il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie ritiene preoccupanti sono quattro: Alpha (inglese), Beta (sudafricana), Gamma (brasiliana) e Delta (indiana). Quest’ultima identificata in India, si è rapidamente diffusa in un centinaio di Paesi grazie alla grande capacità di trasmissione, stimata fra il 50% e il 60% superiore rispetto alla variante Alfa. È una sorvegliata speciale in tutto il mondo e molti esperti ritengono che possa diventare il virus dominante, soppiantando la variante Alfa: al momento è la seconda variante per diffusione nel mondo. In Italia rappresenta il 27,2% delle sequenze depositate.

Questa variante del virus Covid-19 preoccupa molto il mondo dello Sport impegnato in queste settimane nelle Olimpiadi di Tokio. Di pandemia e sport parliamo con un coach molto stimato: Matteo Gioia, nato a L’Aquila il primo agosto del ’93.

 Laureato in Scienze Motorie, al II anno di TNPEE (Terapia della Neuro e Psicomotricità Dell’età Evolutiva). Allenatore di Pallacanestro e istruttore Minibasket e, in passato, ha avuto modo di collaborare con Special Olympics Italia in qualità di direttore tecnico regionale e come Youth Leader.

Come ha vissuto, e vive, come ha affrontato e affronta la paura della pandemia, del contagio ed il disagio legato alle indispensabili misure restrittive?

Avendo già vissuto un evento catastrofico nel 2009 (Terremoto Dell’Aquila) di certo non ho avuto problemi a rimboccarmi le maniche. Sicuramente, il periodo della pandemia, è stato un momento difficile per tutti, dai gestori delle attività fino ai bambini. Sarò sincero, se da un lato il lockdown ha stravolto molti, per quanto mi riguarda, è stato un momento in cui ho potuto riflettere, ho avuto la possibilità di fermarmi e capire cosa realmente stessi cercando. Sono riuscito a far prevalere la voglia di ricostruire e di portare a termine determinati progetti, sulla paura dell’essere contagiato. Ad oggi posso dire che la paura del contagio c’è sempre, ma comunque ridotta, vuoi per l’opportunità di aver ricevuto il vaccino (in quanto tirocinante TNPEE), vuoi perché la gente del mio paese, e della mia città in particolare, hanno voglia di ricominciare davvero, rispettando al massimo le misure restrittive.

Quanti danni la pandemia, il lockdown e la confusa, se non cattiva gestione politica hanno arrecato allo sport in generale e al basket in particolare?

Sono dell’idea che lo sport sia fondamentale. Non mi riferisco solamente allo sport agonistico ma anche alla semplice camminata. Spostandoci nel mondo agonistico credo che la situazione sia stata gestita male. Siamo tutti consapevoli che, in Italia, vuoi o non vuoi lo sport per eccellenza sia il calcio, a mio avviso perché è lo sport che muove più soldi di qualsiasi altro sport. Se ne sono sentite di storie, come ad esempio la proposta di vaccinare i calciatori in vista degli Europei, ma gli altri atleti? Prendiamo, ad esempio, i nuotatori che hanno partecipato agli europei di Budapest. Ho voluto fare questo esempio per arrivare al fatto che lo sport, in generale, è stato molto penalizzato durante questa pandemia, e lo sarà tutt’ora!

Arrivando al basket sono stati fatti due diversi protocolli, uno per la serie A/A2 e uno per le altre serie. Sicuramente l’impegno tra una serie e l’altra è differente, le trasferte per una squadra di serie A sono molto più lunghe ed impegnative rispetto ad una serie C e, di conseguenza una più difficile tracciabilità di un possibile contagio, una più difficile gestione di un possibile focolaio. Nonostante tutto ciò i campionati sono partiti, dalla serie A (nazionale) fino alla promozione (regionale) con non poche difficoltà da parte delle società per sostenere i costi di sanificazione di locali e materiali e la spesa dei tamponi (ben 1 a settimana).

Quanta importanza attribuisce al binomio sport-salute, ovvero, quanto l’attività fisica è utile per mantenere il benessere psicofisico, o per riconquistarlo se si è affetti da patologie croniche come quelle cardiovascolari?

Da laureato in scienze motorie, ex cestista e allenatore non posso non ritenere di fondamentale importanza il binomio sport-salute. Oltre ad avere un aspetto benefico in tutto il funzionamento della macchina quale è il nostro corpo, l’attività fisica ha anche un aspetto molto importante per quanto riguarda la parte psichica.

Fare sport, o come sostenere attività fisica, permette al nostro corpo di alleviare i sintomi depressivi, aiuta ad allontanare eventuali malattie psicosomatiche incrementando, inoltre, sentimenti di competenza e autonomia.

Parlando di patologie croniche, come ad esempio quelle cardiovascolari, posso affermare che l’attività fisica è molto importante per aiutare a perdere il sovrappeso, per alleviare lo stress.

Che cosa le hanno dato in termini di crescita personale, sociale e professionale l’attività sportiva in generale e il basket in particolare?

Sono sempre stato appassionato di sport, dal nuoto alla pallavolo passando, naturalmente, per il basket.

Devo dire che, dopo il terremoto del 2009, il basket mi ha salvato. Mi teneva occupato, fisicamente e mentalmente e, di conseguenza, sono molto legato a questo sport. Ho avuto anche la possibilità di collaborare come direttore tecnico regionale con Special Olympics il cui scopo, attraverso il basket, è quello di introdurre nella società ragazzi con disabilità intellettiva. Concludo dicendo che lo sport è stato generoso e mi ha salvato 12 anni fa, mi ha dato la possibilità di passare dall’altra parte del campo per essere un allenatore, o meglio, un educatore! Sono molto soddisfatto di poter contribuire alla crescita personale e sociale dei ragazzi che saranno il nostro futuro.