“Malattia delle vetrine”, ne soffrono più di 3000 campani

“Malattia delle vetrine”, ne soffrono più di 3000 campani

12 Luglio 2020 0 Di La Redazione

Il professor Giovanni Esposito “L’interazione tra il chirurgo vascolare e il cardiologo è fondamentale perché l’approccio alla patologia deve essere di tipo chirurgico e farmacologico”.

 

Nasce a Napoli il Network per l’Aop, l’arteropatia obliterante periferica, nota come “malattia delle vetrine”, di cui soffrono più di 3000 campani. La patologia è ostruttiva di tipo arterosclerotico, provoca cioè il restringimento delle arterie. E se a livello cardiaco e cerebrale i rischi ben noti sono ictus e infarto, negli arti inferiori il rischio è la mancata irrorazione dei tessuti con conseguente necrosi e amputazione dell’arto. I primi sintomi sono dolori al polpaccio e alla gamba che provocano una zoppìa intermittente. Da qui il nome “malattia delle vetrine” perché impedisce a chi ne soffre di camminare bene per il dolore e costringe le persone a fermarsi come quando passeggiano per lo shopping. I principali fattori di rischio della malattia sono l’età avanzata, l’ipertensione, il fumo, l’ipercolesterolemia ed il diabete mellito; il “piede diabetico” per esempio è una delle principali complicanze di cui soffrono i pazienti diabetici. Il Network per l’Aop ha come obiettivo quello di creare un nuovo modello assistenziale per i pazienti con Aop e mette in rete 16 Ospedali campani e nasce da una iniziativa del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università Federico II di Napoli.

In ogni struttura ospedaliera un’équipe multidisciplinare composta da chirurghi vascolari e cardiologi prenderà in carico i pazienti che vanno incontro a rivascolarizzazione arteriosa – sia essa chirurgica che endovascolare – degli arti inferiori. Questi pazienti, come osservato in uno studio internazionale, sono particolarmente a rischio di eventi avversi, sia legati al cuore (i.e. infarto) che agli arti (i.e. amputazioni). Allo stato attuale, solo una parte ristretta riceve una terapia medica adeguata e che rispetti le raccomandazioni delle linee guida internazionali. I ricercatori coinvolti nello studio si occuperanno proprio di accertare che dopo la procedura di rivascolarizzazione i pazienti ricevano una valida terapia medica e che questa venga adeguatamente seguita nel tempo (consentendo , per esempio, ai pazienti di avere controllo appropriato della pressione arteriosa e dei livelli di colesterolo) : “L’ interazione tra il chirurgo vascolare e il cardiologo è fondamentale – afferma il professor Giovanni Esposito, ordinario di Malattie dell’apparato cardiovascolare e direttore dell’Unità operativa complessa di Cardiologia, emodinamica e Utic della Federico II – perché l’approccio alla patologia deve essere  di tipo chirurgico e farmacologico. In passato, l’ischemia del piede diabetico, causata proprio dall’arteriopatia obliterante, risultava inevitabilmente nell’amputazione, con tutti i rischi connessi. Nell’arco di un anno infatti la mortalità dei pazienti amputati è di uno su tre, in alcuni casi anche di uno su due. Oggi invece le terapie farmacologiche associate alle tecniche di rivascolarizzazione come stent e by-pass, permettono di evitare l’amputazione grazie alla riapertura delle arterie e al ripristino della circolazione nel piede. E in questo percorso il peso della terapia farmacologica è aumentato enormemente; basti pensare che oggi i farmaci riescono a ridurre del 35% le amputazioni. Se consideriamo che in Italia vengono eseguite 70.000 amputazioni l’anno, di cui 30.000 a causa di fattori ischemici – le altre derivano da incidenti – con la giusta terapia farmacologica si evitano almeno 10.000 amputazioni. Le terapie farmacologiche di maggior successo sono quelle antitrombotiche con anticoagulanti orali e quelle con farmaci in grado di ridurre il colesterolo: questi farmaci hanno ridotto drasticamente non solo i casi di infarto – per cui erano nati –  ma anche le conseguenze più severe ed invalidanti della malattia periferica”.

Nella strategia terapeutica per i pazienti con Aop è importante agire sull’aterosclerosi. Tra i trattamenti di prima scelta, raccomandati dalle linee guida internazionali, vi sono i farmaci ipolipidemizzanti come le statine o le associazioni con ezetimibe. Le statine possono contribuire efficacemente a ridurre gli eventi cardiovascolari più gravi (il 26% in meno) e la necessità di amputazioni. Tuttavia nei casi di un inadeguato raggiungimento del livello target di colesterolo LDL < 55mg/dl, le linee guida suggeriscono l’aggiunta, a tali terapie, di farmaci inibitori del PCSK9, per ridurre in modo significativo il rischio di eventi cardiovascolari nei pazienti con arteriopatia periferica.

Ma anche il fattore tempo è importante, come ricorda il Prof. Eugenio Stabile, Associato di Malattie dell’Apparato cardiovascolare, responsabile del Programma Infradipartimentale di trattamento integrato dell’arteriopatia periferica e corresponsabile dello studio Amt-Leader con il professor Giovanni Esposito: “Questa malattia è diffusa più di quanto si pensi ed evolve lentamente, per cui viene spesso trascurata. Invece è fondamentale rivolgersi subito al medico se si nota una ferita che tarda a guarire sul piede o se si prova dolore al polpaccio perché possiamo essere subito indirizzati dagli specialisti. E poi noi stessi possiamo fare tanto per prevenirla e contrastarla, con uno stile di vita sano ed una terapia medica adeguata”.

“La costituzione del “Network per l’Aop” – conclude Esposito – consentirà anche di evitare ai pazienti di essere ricoverati in ospedale a causa dell’insorgenza di accidenti cerebrovascolari, cardiovascolari e ridurrà l’impatto sociale delle invalidità attraverso la prevenzione delle amputazioni e, non ultimo, creerà un modello terapeutico all’avanguardia in Campania. Questo modello sarà capace di mettere in collegamento i vari specialisti con il fine unico di fornire un trattamento integrato dell’arteriopatia periferica e ci aiuterà a rendere non più necessari tanti “viaggi della speranza” fuori regione”.

Il Centro di Cardiologia della Federico II sarà il centro di coordinamento per i 16 centri aderenti all’iniziativa; la rete nelle cinque province campane assicurerà ai pazienti sottoposti a rivascolarizzazione a causa dell’Aop una presa in carico uniforme e standardizzata che migliori la loro qualità e aspettativa di vita. La rete si rivolgerà a un target potenziale di circa 1.100 pazienti. La piattaforma informatica faciliterà il coordinamento tra il centro referente e quelli aderenti, favorendo una gestione assistenziale uniforme. Questi sono i centri aderenti a cui i pazienti possono fare riferimento: Aou Federico II Napoli; Aorn – Ospedali dei Colli Ospedale Monaldi, Napoli; Asl Napoli 1 Centro Ospedale del Mare; Asl Napoli 1 Centro Ospedale dei Pellegrini; Casa di Cura Villa dei Fiori, Acerra (Napoli); Clinica Mediterranea, Napoli; Ao Cardarelli, Napoli; Aou San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, Salerno; Po San Luca, Vallo della Lucania (Salerno); Casa di Cura Salus, Battipaglia (Salerno); Ospedale di Eboli “Maria SS. Addolorata”; Aorn Sant’Anna e San Sebastiano, Caserta; Clinica San Michele, Maddaloni (Caserta); Ospedale San Giuseppe Moscati, Avellino; Clinica Montevergine, Avellino; AO San Pio, Benevento.