L’Asl condannata al rimborso delle spese sostenute per cure effettuate in centri non convenzionati

L’Asl condannata al rimborso delle spese sostenute per cure effettuate in centri non convenzionati

23 Gennaio 2021 0 Di Corrado Riggio

Recentemente il Tribunale di Brindisi con Sentenza recante numero 1059 del 2020 ha statuito che nel caso in cui un paziente si veda costretto a rivolgersi ad una struttura privata non convenzionata con il servizio sanitario nazionale, avrà diritto al rimborso delle spese mediche sostenute, se detto ricovero è stato effettuato per urgenza e/o necessità. In definitiva, il Tribunale civile di Brindisi ha ritenuto che l’esistenza del diritto ad ottenere l’erogazione da parte del Servizio sanitario nazionale di cure tempestive non ottenibili da parte del servizio pubblico, quando ovviamente vi siano motivi di urgenza tali da esporre la salute del paziente a pregiudizi gravi ed irreversibili, deve essere accertato sulla base dei presupposti richiesti dalla disciplina in materia sanitaria ed indicati nel decreto legislativo numero 502 del 1992 e, più specificamente, nel testo modificato dal successivo Decreto legislativo n. 229 del 1999.

Infatti, l’articolo 1 del Decreto 502 del 92 statuisce che il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso risorse pubbliche, i livelli essenziali di assistenza nel rispetto dei principi della dignità della persona, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze e prevede che siano posti a carico del Servizio sanitario nazionale le prestazioni che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate. In pratica, il Tribunale di Brindisi, ha affermato in detta Sentenza che elemento essenziale di discrimine, nel riconoscere o meno l’insorgenza del diritto soggettivo al rimborso delle eventuali spese sostenute dal paziente risulta essere l’effettiva ricorrenza di una comprovata situazione, non solo legata al pericolo di vita o di rischio di aggravamento della malattia, ma anche e soprattutto di impossibilità per la struttura pubblica convenzionata di offrire allo stesso l’intervento o la cura nei tempi e nei modi utili, alla luce delle conoscenze medico scientifiche. Sulla base di tali principi si potrà, pertanto, affermare che urgenza ed indifferibilità dell’intervento terapeutico da un lato, ed impossibilità per la struttura pubblica di garantire in modo tempestivo tale intervento dall’altro, costituiscono vere e proprie condizioni legislativamente imposte per il riconoscimento del diritto soggettivo al rimborso da parte del Servizio sanitario nazionale delle spese sanitarie sostenute in regime di assistenza non convenzionata. In conclusione, secondo il Giudice, sussiste il diritto ad ottenere il rimborso richiesto in caso di comprovato stato di urgenza, stante l’oggettiva impossibilità di usufruire della struttura pubblica, ovvero l’inadeguatezza ed inidoneità di quest’ultima ad offrire la prestazione sanitaria che si renda in concreto necessaria.