La successione delle posizioni di garanzia nella responsabilità medica

La successione delle posizioni di garanzia nella responsabilità medica

14 Aprile 2021 0 Di Corrado Riggio

Nel procedere ad una simile analisi, occorre verificare anche se la situazione di pericolo non si sia modificata per effetto del tempo trascorso o di un comportamento dei successivi garanti.

La suprema Corte di Cassazione con recentissima Sentenza del 2021 recante numero 3922 ha analizzato cosa accade quando vi sia una successione delle posizioni di garanzia dei medici rispetto al paziente. La Sentenza sopra citata della Cassazione è da ritenersi di notevole importanza nell’ambito della responsabilità medica poiché contribuisce a chiarire le modalità con cui va accertato il nesso causale quando l’obbligo di impedire l’evento connesso ad una situazione di pericolo ricade su più persone obbligate ad intervenire in tempi diversi. In tale ultima ipotesi, secondo i Supremi Giudici, sarà necessario tenere conto della condotta e del ruolo di ciascun medico titolare della posizione di garanzia e, sulla base di ciò, stabilire cosa sarebbe accaduto se la condotta dovuta da ciascuno dei garanti fosse stata tenuta.

Nel procedere ad una simile analisi, occorre verificare anche se la situazione di pericolo non si sia modificata per effetto del tempo trascorso o di un comportamento dei successivi garanti. In tal senso, basti pensare, ad esempio, al caso in cui il medico primo garante sia accusato di non aver segnalato una situazione di rischio al sanitario che gli è subentrato nella posizione di garanzia: per verificare la sua responsabilità, ovverosia per verificare la sussistenza del nesso causale tra la sua omissione e l’evento dannoso, occorre accertarsi del fatto che la successiva condotta negligente del sanitario garante subentrato trovi causa proprio nella mancata segnalazione. Il caso esaminato dalla Cassazione riguardava un medico accusato di omicidio colposo di un paziente che aveva operato per aver sottovalutato la sensibile diminuzione dell’emoglobina, riscontrata sia subito dopo l’intervento che nelle ore e nei giorni immediatamente successivi.

La circostanza che, nel momento in cui il medico si era allontanato dall’ospedale, il quadro ematico del paziente non poteva essere considerato in remissione e che, tra le altre cose, il sanitario non aveva dato alcuna disposizione ai colleghi subentrati circa le condizioni dell’uomo è stata considerata, insieme ad altri fattori, fondamentale per sancire la penale responsabilità dell’imputato.