La regola delle “4 D” per la Fase 2

La regola delle “4 D” per la Fase 2

29 Aprile 2020 0 Di Miriam Perfetto

Le “4D”: Distanziamento Diagnosi Digitalizzazione  Dispositivi. L’intervista a Carlo Alfaro, pediatra ed adolescentologo.

 

Carlo Alfano

Da qualche girono sono ripartite le prime attività (fabbriche di macchine industriali per l’agricoltura e la silvicoltura), mentre le altre riaperture avverranno secondo un calendario che prevede un graduale allargamento di lunedì in lunedì per 4 settimane: il 4 maggio i cantieri, le industrie del tessile e della moda, il Lotto e Superenalotto, l’11 maggio tutti i negozi (esclusi i centri commerciali e i mercati non alimentari), il 18 bar e ristoranti, naturalmente sempre seguendo tutte le regole di igiene e distanziamento. Tutto questo se non interverranno nuovi blocchi a causa di nuovi focolai.

Dottor Alfaro, ce la faremo? Possiamo riaprire con fiducia? 

Sono convinto che ce la faremo ma dobbiamo stare attenti come abbiamo fatto finora. In Italia ci accingiamo a riaprire nel momento in cui il nuovo Coronavirus sta passando dalla fase epidemica, in cui il numero di contagi si espandeva esponenzialmente, a quella endemica, di convivenza col virus che circola persistentemente nella popolazione.

Per questo motivo, sarà necessario anche nella fase di riapertura mantenere una serie di misure e accorgimenti volti a ridurre il più possibile la diffusione del virus, quali il distanziamento sociale e l’igiene personale e dell’ambiente.

Ma c’è la speranza che con l’arrivo dell’estate almeno temporaneamente il virus scompaia?

Si pensa di no, in base a uno studio condotto da ricercatori cinesi che ha evidenziato come SARS-CoV-2, almeno nelle varie città cinesi, non ha risentito delle temperature più calde, dei giorni più lunghi e della maggiore quantità di luce ultravioletta.

Allora dobbiamo mettere in conto un’epidemia di ritorno?

Se ci saranno o meno nuove epidemie, dipende da quanto saremo bravi a mantenere l’indice R0, il tasso di riproduzione del virus, basso, grazie ai nostri comportamenti.

Per la Fase 2, ho sentito parlare di “regola delle 4D”: Distanziamento, Diagnosi, Digitalizzazione e Dispositivi. Di cosa si tratta?

Il “Distanziamento” lo conosciamo ormai bene. La trasmissione del SARS-CoV-2 avviene principalmente attraverso le grandi gocce di saliva, le droplets, espulse da un soggetto infetto con tosse o starnuti o soffiandosi il naso, quando vanno a depositarsi sulle mucose nasali o orali o molto più raramente sulle congiuntive di un soggetto suscettibile che si trovi a distanze brevi, entro 1 metro. In condizioni normali, è improbabile invece che il Coronavirus circoli nell’aria attraverso “aerosol”, cioè con le gocce molto più piccole e leggere che si emettono respirando e parlando e che si trasmettono a lungo raggio (questo può avvenire in seguito a procedure in ambito clinico). Pertanto, il primo baluardo che possiamo opporre al contagio è la distanza inter-personale di sicurezza di almeno 1 metro.

Pera quanto riguarda la “Diagnosi”?

La “Diagnosi”, precoce, è il punto fondamentale per evitare l’esplosione di nuovi focolai epidemici, attraverso pronta identificazione, isolamento e terapia di tutti i nuovi casi, interrompendo subito la catena dei contagi ed evitando che il paziente si aggravi e abbia bisogno di cure ospedaliere. La diagnosi viene effettuata attraverso la ricerca, nei laboratori dei principali Ospedali individuati dalle Regioni, dell’RNA virale su tamponi nasofaringei e orofaringei combinati. Presto in Italia ci sarà uno screening sierologico di massa sui cittadini per monitorare lo stato di esposizione al virus nella popolazione, inizialmente su 150mila individui di un campione rappresentativo per età, sesso e distribuzione geografica della popolazione.

E veniamo alla “Digitalizzazione”.

La “Digitalizzazione” verrà in aiuto per “tracciare” i contatti di un caso diagnosticato, in modo da “scovare” gli asintomatici, che avrebbero un ruolo cruciale nella diffusione dell’epidemia in quanto, continuando a circolare, creano una nuova catena di contagio nascosta. Infatti, il nuovo Coronavirus tende a essere contagioso pochi giorni prima che compaiano i sintomi e poi la sua contagiosità decresce dopo alcuni giorni. L’esistenza di contatti asintomatici ma contagiosi viene chiamato “effetto Diamond”: a bordo della nave da crociera Diamond Princess, su oltre 3.000 passeggeri e membri dell’equipaggio testati dopo il verificarsi di casi, ben 634 persone dimostrarono di avere il virus, anche se la maggior parte non presentava sintomi al momento del test, erano però pre-sintomatici: grazie all’identificazione precoce e all’isolamento si è evitato che contagiassero il resto del gruppo. Anche a Vo’ Euganeo, in Veneto, uno dei primi paesi colpiti dal virus, sono stati sottoposti al tampone tutti i cittadini, più di 3.000 persone: i positivi erano 66 di cui 55 asintomatici, che grazie a ciò sono stati isolati subito in quarantena. La ricerca dei contatti, o “contact tracing”, può essere facilitato dall’uso delle iper-tecnologie (app) degli smartphone, attualmente ampiamente diffusi nella popolazione. L’uso dell’applicazione consente di identificare le persone che sono state a stretto contatto negli ultimi 14 giorni con un caso diagnosticato. Perché il sistema sia efficace, deve essere utilizzato almeno dal 70-80% dei cittadini. Sarà necessario dunque fare appello ancora una volta al senso di responsabilità degli Italiani, visto che per rispettare i diritti civili e la privacy dei cittadini la funzione non può essere imposta, ma solo applicata su base volontaria. Naturalmente la privacy dei cittadini infetti e di quelli “avvertiti” del contatto a rischio deve essere rigorosamente tutelata, non va rivelata. La tecnologia usata è il bluetooth. Chi non ha lo smartphone potrebbe usare un braccialetto. Non sarà consentita la geolocalizzazione, cosa che viene temuta dagli utenti che già stanno facendo rimbalzare da cellulare in cellulare catene di messaggi per boicottare l’iniziativa.

Infine, i “Dispositivi”.

I sanitari dovranno usare le mascherine filtranti di tipo FFP3 nei Reparti Covid (in cui a causa dell’alta concentrazione di pazienti infetti aumentano in maniera significativa i tempi in cui le particelle emesse restano in sospensione, e quindi possono andare incontro a evaporazione e conseguente riduzione del diametro, e venire trasportate a distanza in forma di aerosol, cioè in goccioline molto più piccole delle droplets per le quali basta “un metro di distanza” per non esserne raggiunti) o quando intervengano sui pazienti Covid con manovre che prevedono l’aerosolizzazione di molte particelle di escreato del paziente, contenenti un’alta carica virale (come intubazione, estubazione, broncoscopia, tracheotomia, ventilazione, rianimazione cardiopolmonare, induzione di espettorato, terapie di nebulizzazione di farmaci e anche esecuzione di tampone nasofaringeo), e le FFP2 quando assistono pazienti potenzialmente contagiati, ricorrendo ai tipi con valvola se devono stare per lungo tempo in contatto col malato, esempio il giro dei medici, il cambio dei letti e l’assistenza infermieristica. Le mascherine con valvola li proteggono dall’inalazione di particelle virali esalate dal paziente; potranno abbinare la mascherina chirurgica sopra alla maschera filtrante con valvola, per evitare di contagiare a loro volta. Le FFP2 senza valvola sono indicate per i sanitari che visitano o assistono per breve tempo pazienti potenzialmente contagiati, in ospedale o sul territorio, i soccorritori, le Forze dell’Ordine impegnate in interventi di soccorso di emergenza. Invece le mascherine chirurgiche o fatte in casa con tessuti pesanti che assorbano esalazioni e umidità sono indicate per le persone che lavorano col pubblico e la popolazione generale, per evitare il contagio degli altri attraverso le proprie esalazioni. L’Organizzazione mondiale della sanità e il Centro europeo per il controllo delle malattie sottolineano che l’uso di mascherine facciali nella comunità non è importante per la prevenzione della diffusione del COVID-19 quanto il distanziamento fisico e l’igiene, anzi potrebbe creare un falso senso di protezione e sicurezza, ma poiché non si può mai essere sicuri al 100% che si riesca a rispettare sempre la distanza inter-personale e inoltre, se le indossano tutti, è più facile che la indossi anche chi ha starnuti e tosse, le mascherine “per tutti” potrebbero diventare una sorta di completa e generale protezione “di gregge”. Inoltre, alcuni studi non escludono del tutto la trasmissione del Coronavirus anche con le goccioline più piccole per via aerea, che si disperdono con il respiro o la fonazione, supportando l’uso universale delle mascherine. Ricordiamo che una mascherina garantisce la propria efficacia per un tempo massimo di 4 ore e se non si bagna o si sporca. Momento cruciale è il momento in cui la si indossa (sempre mani pulite, assicurandosi che riesca a coprire bene il naso, la bocca e il mento e sia aderente al viso) e quando la si toglie, facendo attenzione a non toccare la superficie anteriore della maschera con le mani e sfilarla accuratamente dagli elastici, per gettarla immediatamente in un cestino coperto e subito dopo igienizzare le mani. Per i bambini, sono sconsigliate sotto i 2 anni, se un bambino ha difficoltà respiratoria, o se è incapace di rimuovere da solo la mascherina.

Ci sono altre precauzioni da consigliare per questa Fase 2?

L’igiene, come già abbiamo imparato nella Fase1: lavare le mani dopo qualsiasi contatto, con sfregamento accurato per almeno 40-60 secondi usando acqua calda a 25 gradi e sapone o gel igienizzanti idroalcolici con almeno il 60% di alcol (se mani asciutte e non sporche) per rimuovere i virus che possono essersi depositati sulla pelle attraverso le droplets (gocce di saliva) rilasciate dagli ammalati con tosse o starnuti nell’aria o su oggetti o superfici (chiudere dopo il lavaggio il rubinetto dell’acqua con un fazzolettino di carta); mantenere le unghie corte e la cute idratata (le molecole virali possono annidarsi nelle microrughe o tagli); usare se serve i guanti, che però non sostituiscono la necessità di un’adeguata igiene delle mani; evitare di toccarsi occhi, naso e bocca con le mani non lavate (uno dei vantaggi di indossare una maschera chirurgica potrebbe risiedere nel fatto che la maschera agisca come una barriera fisica, impedendo al soggetto di toccare la bocca o il naso); praticare l’igiene respiratoria (“cough etiquette”) cioè coprire naso e bocca quando si tossisce o starnutisce con un fazzoletto di carta, che poi va subito eliminato, o nella piega del gomito, evitando il contatto delle mani con le secrezioni respiratorie e lavarle subito; evitare baci, abbracci e strette di mano; togliersi le scarpe prima di entrare in casa; non scambiarsi bottiglie, bicchieri e posate; pulire accuratamente le superfici, dopo il lavaggio con acqua e detergente, con disinfettanti quali candeggina, alcol o acqua ossigenata; pulire accuratamente i dispositivi elettronici con un panno morbido; arieggiare frequentemente gli ambienti per garantire un buon ricambio d’aria.

Un’ultima domanda, come vivremo l’estate?

Di sicuro sarà “un’estate italiana”, e a “kilometro zero”. Dobbiamo immaginare un’estate in famiglia, con poca vita sociale, all’aria aperta ma senza incontrare gente, continuando a rispettare la distanza di sicurezza tra le persone. Si sta pensando a un modello di accesso in spiaggia solo su prenotazione, con ombrelloni distanziati di 3-4 metri l’uno dall’altro, servizio bar in spiaggia e non al bancone del bar. La notizia del riscontro del virus nelle acque reflue in Francia non spaventa perché la presenza di RNA virale non vuol dire presenza di virus attivo. E’ molto probabile che il virus non sopravviva in acqua di mare perché la carica virale viene neutralizzata velocemente.