La dieta per una vita longeva e in salute (XVII parte)

La dieta per una vita longeva e in salute (XVII parte)

10 Agosto 2020 0 Di Andrea Del Buono e Rocco Palmisano

4.5. LE VARIAZIONI DELL’INDICE GLICEMICO ED IL RAPPORTO AMILOSIO-AMILOPECTINA

A un riscaldamento eccessivo dell’acqua di cottura, la struttura dell’amido si modifica. I granuli di amido, idratandosi progressivamente, si gonfiano e una frazione di amilopectina passa nella soluzione; se il riscaldamento si prolunga, anche una frazione di amilosio passa nella soluzione. Il risultato si traduce con una viscosità più o meno consistente della sospensione. È il fenomeno della gelatinizzazione dell’amido. Occorre sapere che, più la proporzione di amilosio è bassa, maggiore è la gelatinizzazione, e viceversa. Si è potuto dimostrare che più un amido si gelatinizza (per via della sua ridotta percentuale di amilosio) più è facilmente idrolizzabile dalle alfa-amilasi (enzimi digestivi dell’amido), maggiore è la sua propensione a trasformarsi in glucosio e più la glicemia ha, ovviamente, tendenza ad aumentare.

In altri termini se un amido contiene una piccola percentuale di amilosio, il suo Indice Glicemico (IG) sarà più alto. Al contrario, con una maggiore presenza di amilosio la gelatinizzazione sarà inferiore, così come la trasformazione in glucosio, e l’IG sarà più basso.

Si può così facilmente capire perché la patata, che presenta una bassissima percentuale di amilosio, ha di fatto un IG alto. Le lenticchie, invece, la cui percentuale di amilosio è più alta, hanno un IG molto basso. L’esempio del mais è altrettanto significativo.

Il mais «Waxy» (chiamato anche mais ceroso), praticamente sprovvisto di amilosio, è stato appunto selezionato dall’industria agro-alimentare per l’altissima viscosità del suo amido. Questo tipo di mais è abitualmente utilizzato per ispessire le gelatine di frutta, e per dare maggiore consistenza agli alimenti in scatola o surgelati.

Sulle etichette è menzionato alla voce “amido di mais”. Essendo il suo IG molto alto (quasi pari a 100), contribuisce dunque a introdurre in tutte le preparazioni culinarie industriali un fattore importante di aumento della glicemia.

4.6. LA “PASTIFICAZIONE” RIDUCE L’INDICE GLICEMICO

Esiste, d’altra parte, un processo tecnico naturale che tende a frenare l’idratazione dell’amido. È quanto accade con la «pastificazione» del grano duro. L’estrusione della pasta attraverso una filiera porta a un riscaldamento che si traduce con la costituzione di una pellicola protettiva che contribuisce a rallentare la gelatinizzazione degli amidi durante la cottura. Ma ciò che vale per gli spaghetti o per alcuni tipi di tagliatelle (che sono appunto «pastificati» ossia estrusi per effetto di un’elevata pressione) non si applica invece ai ravioli, alle lasagne o alla pasta fresca ritagliata con piccole macchine a mano. Infatti, di questi ultimi tipi di pasta il cui IG è molto più alto, anch’esse contengono la stessa farina di grano duro. Partendo da una stessa farina si può, dunque, arrivare a ottenere prodotti con IG molto diversi (ravioli 70, spaghetti 40). Bisogna aggiungere che la cottura che precede il consumo di questi alimenti modificherà ulteriormente l’IG finale.

4.7. IL CONTENUTO DI PROTEINE E DI FIBRE

Per alcuni glucidi, il contenuto naturale di proteine può essere all’origine di una minima idrolizzazione (digestione) degli amidi e, di conseguenza, di una riduzione dell’IG. Ciò accade in particolare nella famiglia dei cereali. Il fenomeno è particolarmente evidente nel caso della pasta alimentare. La presenza di glutine rallenta, infatti, l’azione delle amilasi digestive e ciò limita, allo stesso modo, l’assorbimento di glucosio. Appare chiaro così il motivo per cui il grano duro (più ricco di glutine) ha un IG più basso rispetto al grano tenero con il quale normalmente si fa il pane. In linea di massima, però, tutti i grani moderni ad alto rendimento hanno da due a tre volte meno glutine rispetto al grano antico.

Di conseguenza, più i cereali moderni sono consumati raffinati, più provocano glicemie elevate; il che contribuisce a impoverirne ulteriormente il contenuto di glutine già basso in origine. Emerge, d’altra parte, che il contenuto di fibre alimentari di un amido può costituire una barriera contro l’azione delle amilasi e ridurre, così, ulteriormente l’assorbimento di glucosio. Tuttavia, sembra che siano principalmente le fbre solubili (che si trovano maggiormente nelle leguminacee ma anche nell’avena) a poter rivestire un ruolo diretto o indiretto sulla riduzione dell’assorbimento intestinale del glucosio, e fare così abbassare l’IG dell’amido in oggetto.