Gli errori fanno crescere

Gli errori fanno crescere

9 Settembre 2020 0 Di Teresina Moschese*

Diversi studi scientifici dimostrano che l’errore rappresenta una vera e propria fase dell’intelligere umano, costituito di tre step: assimilazione, elaborazione, restituzione.

 

Teresina Moschese

Nella nostra società, l’errore non è ammesso. Siamo abituati ad attribuire l’errore scolastico dei bambini-ragazzi ad una causa esterna o a qualcuno che ne è colpevole (genitori, società, tempo dedicato al gioco…) o alla presenza di una condizione di malattia del bambino-ragazzo stesso.

Diversi studi scientifici, tra cui quelli condotti da Evans e al., già nel 2000, dimostrano, invece, che l’errore rappresenta una vera e propria fase dell’intelligere umano, costituito di tre step: assimilazione, elaborazione, restituzione.

Durante l’assimilazione, le informazioni nuove vengono incamerate dall’individuo dentro di sé. Qui, in seguito, avviene l’elaborazione interna alla persona delle informazioni assimilate, fase anche detta da Piajet “accomodamento”, che porta a riflettere e ragionare sui contenuti appena appresi, a modificarli e ad integrarli, accomodandosi ad essi. Infine, le nuove conoscenze, ormai parte integrante dell’individuo, possono essere riproposte al mondo esterno attraverso la fase di restituzione. In quest’ottica l’errore dello studente è il segnale del punto evolutivo in cui egli ha trovato delle fatiche nel processo di elaborazione delle conoscenze e questo ci permette di comprenderne il percorso cognitivo.  Ecco perché un approccio utile da parte dell’insegnate è quello di porsi come osservatore attento degli errori per poterne trarre spunti funzionali al miglioramento degli apprendimenti.  Come afferma la prof.ssa Daniela Lucangeli, “chi insegna non deve limitarsi a giudicare e valutare l’inadeguatezza delle risposte” date dagli allievi, “ma deve cominciare a trovare strategie e soluzioni perché chi fatica trovi i supporti, le facilitazioni e i percorsi attraverso cui superare l’ostacolo, correggere  gli errori e trarre il meglio dai propri talenti”, mantenendo il ruolo di giudice in prima istanza e abbracciando quello di alleato per tutta la durata del processo di trasformazione dell’errore.

Sbagliare, e provare a correggersi è un diritto di ogni studente, che, a differenza di chi non commette errori, riesce così ad imparare qualcosa di nuovo e ad avere la percezione di controllo della situazione e a placare quel bisogno arcaico dell’esser umano di sentirsi competenti. Per fare questo è importante che l’insegnante guidi lo studente al riconoscimento autonomo dei propri errori e ad ipotizzare strategie per correggerlo, evitando di sostituirsi a lui.

Ogni bambino mentre impara costruisce un bagaglio di memorie differenti in funzione del fatto che stia apprendendo con ansia oppure con gioia: se lo fa con ansia o con terrore questa riemerge assieme alle nozioni che lui ha memorizzato causandogli un cortocircuito emozionale, e intralciando la sua capacità di imparare ancora. Al contrario, se un bambino studia con gioia (sostenuto, guardato, incoraggiato da un insegnante che si pone come suo alleato nella sua memoria resterà traccia dell’emozione positiva, portatrice del messaggio “Ti fa bene, continua a cercare”.

La memoria che costruiamo delle emozioni è fondamentale. Gli insegnanti devono dunque evitare ai bambini il cortocircuito emozionale, eliminare la sofferenza dell’errore, perché l’errore è importante e può essere trasformato in prestazioni ottimali tramite l’incoraggiamento a migliorare, la scoperta delle proprie capacità e competenze proprio nel ricercare da soli l’errore commesso e le sue possibili soluzioni.  

*Psicologa-psicoterapeuta familiare