Epatite C, l’ACE: “L’emergenza sia uno stimolo e non un limite”

Epatite C, l’ACE: “L’emergenza sia uno stimolo e non un limite”

28 Maggio 2020 0 Di La Redazione

Serve ripartire con screening mirati sull’Epatite C abbinati ai test sierologici per Covid-19 e scovare entrambi i virus”.

 

Questa settimana partono in Italia i primi test sierologici a livello nazionale e altri su base locale a cura delle regioni. Ma un altro importante screening si delinea all’orizzonte e la proposta ACE – Alleanza Contro le Epatiti è di forte significato.

Le società scientifiche AISF – Associazione Italiana per lo Studio del Fegato e Simit – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, di concerto con l’Associazione Pazienti EpaC onlus, riunite sotto la sigla ACE – Alleanza Contro le Epatiti, propongono una soluzione semplice che potrebbe garantire un importante passo avanti: abbinare ai test sierologici per il coronavirus stabiliti dal Governo anche gli screening per l’Epatite C.

L’opportunità di un test congiunto è stato uno dei temi al centro della prima Web Conference “Epatite C, una patologia invalidante da non dimenticare. Il need del paziente nell’era Covid-19: stato dell’arte dell’eliminazione del virus HCV e proposte operative aggiornate”, organizzata da MA Provider con il contributo non condizionato di Abbvie e di Gilead Sciences. Hanno partecipato clinici, pazienti e politici attivi sul tema e per aggiornare la strategia di contrasto al Virus HCV e le relative proposte attuative. L’AISF ha condotto un’indagine conoscitiva sull’impatto dell’epidemia di COVID-19 nelle strutture che gestiscono i soggetti con malattie di fegato in Italia. Negli ultimi due anni l’Italia ha compiuto un percorso virtuoso nel piano di eliminazione dell’infezione da HCV entro il 2030 promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’innovazione garantita dai nuovi farmaci antivirali ad azione diretta (DAA) per il trattamento dell’epatite C ha avuto una portata rivoluzionaria per la possibilità di eradicare il virus in maniera definitiva, in tempi rapidi e senza effetti collaterali. Tuttavia, l’emergenza globale determinata dalla pandemia Covid-19 ha spostato l’attenzione sul contrasto a questo nuovo sconosciuto virus e lasciato in secondo piano la lotta ad altre patologie. Nel caso dell’Epatite C, questo arresto è intervenuto in un momento chiave, proprio all’indomani dell’approvazione dell’emendamento al decreto mille proroghe lo scorso febbraio: un provvedimento con cui sono stati stanziati 71,5 milioni di euro per il biennio 2020-2021 per introdurre lo screening gratuito necessario a individuare i potenziali malati di epatite C. Questi screening riguardano i nati nelle fasce d’età 1969-1989, i soggetti seguiti dai Servizi Pubblici per Tossicodipendenze (SerT), i soggetti detenuti in carcere. Non è però ancora chiaro se e quando verranno avviati gli screening specifici, visto che manca ancora il decreto attuativo.

La survey di AISF è stata condotta su 194 soci: 51% afferenti ad Ospedali Universitari, 40.7% Specialisti in Gastroenterologia, 27.8% Specialisti in Medicina Interna. I risultati mostrano chiaramente che l’avvio alle terapie antivirali per l’HCV è stato mantenuto inalterato in appena il 17% dei centri, mentre in quasi un centro su quattro si è verificata addirittura una completa sospensione dei trattamenti. Nei rimanenti centri, si è osservata una marcata riduzione dell’avvio ai trattamenti con DAA con priorità ai pazienti più avanzati, come quelli con cirrosi epatica o sottoposti a trapianto. “Questa condizione non va criticata, perché si tratta di una fotografia effettuata durante la fase 1, in piena pandemia, quando l’obiettivo primario era il contenimento dell’infezione da covid19 – spiega l’epatologo Salvatore Petta, Segretario AISF – Tuttavia, dai primi due mesi dell’anno ai due successivi, si è passati da oltre 5mila a mille trattamenti, con una riduzione quindi del 75%. Inoltre, dati in corso di pubblicazione mostrano che pagheremo in termini di salute questo ritardo: più si attenderà, più vedremo soggetti con una progressione della malattia di fegato. Adesso quindi è necessario che si riparta con i trattamenti antivirali. Parallelamente, devono anche essere avviati gli screening previsti dal Ministero per identificare il sommerso. Dobbiamo fare di tutto affinché la drastica riduzione dei trattamenti della Fase 1 non si protragga ulteriormente”.

Per ripartire, le componenti di ACE lanciano alcune proposte. “Anzitutto – sottolinea Petta – è necessaria una riorganizzazione dei centri per poter permettere nuovamente ai pazienti gli accessi per i trattamenti antivirali, naturalmente tenendo conto delle norme vigenti e delle misure di sicurezza previste. In secondo luogo, bisogna cercare di associare allo screening per Covid19 quello per l’Epatite C: facciamo ripartire i trattamenti, ampliamo gli screening, cosicché la macchina contro l’epatite C possa riprendere. Affinché ciò avvenga, è necessario un decreto attuativo per far diventare atto quello che è solo potenza: avviare gli screening con una strategia efficace come potrebbe essere quella di associare al test per Covid-19 il test per HCV. Non possiamo pensare soltanto all’epidemia di Covid e dimenticare le altre malattie”.

“Il campione da testare congiuntamente per HCV e Covid-19 sarebbe in parte diverso, ma lo sforzo organizzativo ed economico potrebbe essere capitalizzato, inducendo utili sinergie – ha aggiunto il Prof. Massimo Galli, Past President SIMIT – Oltre a garantire una valutazione realistica della distribuzione e dell’entità dell’infezione da HCV, un’iniziativa di questo tipo darebbe un fondamentale impulso all’emersione del sommerso, se accompagnata da un’adeguata campagna informativa. L’opportunità che ci è data di effettuare test per rilevare la presenza di HCV non ha precedenti”.

“Quando parliamo di lotta all’Epatite C parliamo di un caso di successo” ha sottolineato nell’introduzione il Prof. Gianni Rezza, nella sua prima uscita pubblica in veste di Direttore Generale per la Prevenzione, Ministero della Salute. “I nuovi farmaci per l’Epatite C hanno dato l’opportunità di eliminare per sempre l’infezione, un traguardo impensabile alcuni anni fa. In questi mesi però abbiamo dovuto fronteggiare l’emergenza dovuta al coronavirus: in Italia, la prima ondata dell’epidemia si è esaurita, ma non certo spontaneamente, bensì solo grazie a enormi sacrifici. Adesso dobbiamo tenere basso il livello di questa infezione, partendo dagli strumenti ormai noti: il distanziamento sociale, il lavaggio delle mani, le mascherine. Solo così potremo tornare a pensare ad altri interventi, come quelli per eradicare l’HCV. Sarebbe assurdo non riprendere programmi di potenziale successo come questo, seppur resti forte l’esigenza di controllare l’epidemia di Covid-19”.

“Il piano di eliminazione dell’epatite C ha subito un durissimo colpo in questi mesi – ha dichiarato Ivan Gardini, Presidente EpaC onlus – I reparti maggiormente coinvolti sono state proprio le infettivologie, in molti casi ancora impegnate a fronteggiare l’emergenza Covid. Tuttavia, ancora adesso la ripresa di screening, trattamenti e follow up per l’eradicazione dell’Epatite C fatica a ripartire. Per questo è fortemente auspicabile che vengano prese adeguate misure. Anzitutto, che venga attivato uno screening congiunto Covid-Epatite C, cercando di ottimizzare il dispiego di risorse umane ed organizzative. In secondo luogo, auspichiamo che vengano presto implementati su larga scala forme di “telemedicina o teleconsulto”, anche se la cornice normativa di questa pratica innovativa non è stata ancora definita al meglio. Infine, è auspicabile che siano creati percorsi COVID nelle strutture ospedaliere del tutto separati, inclusivi di personali adeguato, dai percorsi standard per i pazienti cronici di qualunque patologia. In particolare, è fondamentale reclutare infettivologi e gastroenterologi a sostegno di tali percorsi separati e non utilizzare il personale già impegnato quotidianamente nella gestione dei milioni di cittadini affetti da patologie croniche invalidanti e spesso molto serie”.

“Il piano di eliminazione dell’epatite C ha subito un durissimo colpo, poiché i reparti ospedalieri più colpiti sono state le infettivologie, molte delle quali sono state e sono tuttora paralizzate dall’emergenza Covid.  Ora, l’emergenza sta decisamente allentando, ma non si riscontrano rapidi riavvii delle attività di avviamenti terapeutici, monitoraggi e sorveglianza dei pazienti con HCV da curare e seguire nel post trattamento. In quest’ottica ritengo indispensabile proseguire con screening congiunti per malati di Hcv e Covid19 per accelerare i percorsi diagnostici e avviare da subito una discussione sulle normative nazionali che regolano le consulenze mediche per via telematica” ha dichiarato l’On. Michela Rostan, Vicepresidente della Commissione Affari Sociali della Camera.