Danno da fumo passivo

Danno da fumo passivo

14 Gennaio 2019 0 Di Luigi Garbo

Solo la longevità (novanta anni) gli ha consentito di essere risarcito con 174mila euro, per danni da fumo passivo che gli avevano ingenerato un tumore alla laringe.

Quattordici anni trascorsi a lavorare per le Poste, in locali saturi di fumo di sigarette, ed alla fine – meglio tardi che mai e solo grazie alla fortuna di avere geni che gli hanno consentito di raggiugere i novant’anni – il ristoro di un risarcimento per ripagarlo, almeno in parte, della grave disavventura. In tal senso una recentissima ordinanza della Corte di cassazione (la 276 del 2019) che ha così ricompensato i danni riportati alle corde vocali dal lavoratore. Danni che hanno interessato non solo le corde vocali ma l’intero cavo oro-faringeo, procurandogli la perdita di tutti i denti e una consistente disfagia (incapacità alla deglutizione) che gli permette di assumere gli alimenti prevalentemente in forma liquida.   Entrando nel merito, il giudice aveva stabilito l’esistenza una eziologia professionale della patologia in base al parere del proprio ausiliare tecnico.
Il perito, poi, aveva escluso che la patologia potesse essere dovuta ad altri fattori e aveva riscontrato che l’uomo, non fumatore, era stato esposto in modo significativo all’inalazione di fumo passivo in ufficio per circa quattordici anni, per una media di sei ore al giorno.
La Cassazione, in risposta al ricorso del datore di lavoro (la Spa Poste italiane)  ha ritenuto, infine, che l’iter in base al quale il tribunale in primo grado ha accolto le richieste del lavoratore fosse “assolutamente articolato e coerente sulla questione dedotta in lite, non rispondendo ai requisiti della motivazione apparente ovvero della illogicità manifesta che avrebbero giustificato il sindacato in … sede di legittimità”.
Quindi secondo la Cassazione la Corte di merito “ha reso una motivazione congrua e completa, che rende ragione della eziologia professionale della patologia contratta dal lavoratore e si sottrae, pertanto, alle censure all’esame”.
Per questo la condanna al risarcimento del danno per l’invalidità permanente del 40% stabilita nei livelli di giudizio precedenti resta.