Dacia Maraini, “la paura della pandemia fa riaffiorare l’Irrazionalità”

Dacia Maraini, “la paura della pandemia fa riaffiorare l’Irrazionalità”

1 Dicembre 2020 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

Coraggio e Libertà sono la cifra ed il sigillo del Pensiero di un’Intellettuale, di caratura Internazionale, che ci ha gentilmente concesso una Sua intervista sulle vicissitudini della pandemia e dell’indispensabile cattività.

Tratteremo queste tematiche con Dacia Maraini. Nasce a Fiesole (Firenze) dalla madre Topazia, che appartiene ad un’antica famiglia siciliana: gli Alliata di Salaparuta e dal padre: Fosco Maraini, per metà inglese e per metà fiorentino, che è un grande etnologo ed è autore di numerosi libri sul Tibet e sull’Estremo Oriente.

La famiglia Maraini si trasferisce in Giappone nel 1938, poichè il padre studia gli Hainu: una popolazione in via di estinzione, stanziata nell’Hokkaido.

Nel 1943 il governo giapponese, in base al patto d’alleanza cha ha stipulato con Italia e Germania, chiede ai coniugi Maraini di firmare l’adesione alla Repubblica di Salò. Poiché i due rifiutano, vengono internati insieme con Dacia e le due sorelle in un campo di concentramento a Nagoya. Patiscono due anni di estrema fame e vengono liberati, soltanto a guerra finita, dagli Americani. Nella Sua collezione di poesie Mangiami pure del 1978, la Scrittrice racconterà delle atroci privazioni e sofferenze di quegli anni.

Rientrati in Italia, i Maraini si trasferiscono in Sicilia presso i nonni materni, nella villa Valguarnera di Bagheria, dove le bambine cominciano gli studi. Qualche anno dopo la famiglia si divide: il padre va ad abitare a Roma, lasciando a Palermo la moglie e le tre figlie, che frequentano le scuole in città. Per Dacia sono gli anni della prima formazione letteraria, ma soprattutto del sogno di una fuga, che però arriva al compimento del sedicesimo anno d’età, con la decisione di andare a vivere a Roma con il padre. Qui prosegue il liceo e per guadagnare fa l’archivista, la segretaria, la giornalista di fortuna. A ventuno anni fonda, insieme con altri giovani, la Rivista Letteraria “Tempo di letteratura”, e comincia a collaborare, con dei racconti, a riviste quali: “Paragone”, “Nuovi Argomenti” ed “Il Mondo”.

 Nel ‘62, avendo scritto un romanzo si rivolge all’editore Lerici il quale le dice che pubblicherà il libro, se porterà la prefazione di un grande scrittore. Dacia si rivolge ad Alberto Moravia che legge il libro, lo approva e scrive la prefazione.

   Il primo romanzo,  La vacanza, viene pubblicatro e ottiene un buon successo. IL secondo L’età del malessere (1963), che ottiene il Premio Internazionale degli Editori “Formentor, verrà pubblicato da Einaudi”, seguito da e  A memoria (1967).

   Grazie all’interessamento di Nanni Balestrini, nel 1966 sono pubblicate con il titolo Crudeltà all’aria aperta anche le sue poesie, che sono recensite con grande stima da Guido Piovene. Intanto si sposa con Lucio Pozzi, pittore milanese, da cui si divide dopo quattro anni di vita condivisa e un figlio perso poco prima di nascere.

   In questi anni Dacia Maraini comincia a occuparsi anche di teatro e fonda, insieme con altri scrittori: il Teatro del Porcospino, in cui si rappresentano solo novità italiane, di Gadda, Parise, Siciliano, con la collaborazione artista di Guttuso, Tornabuoni, Titina Maselli.   Intanto cresce la vicinanza con Alberto Moravia, che si era separato dalla moglie Elsa Morante e i due andranno a vivere insieme.

Nel 1973 fonda insieme con Lù Leone, Francesca Pansa, Maricla Boggio ed altre: il Teatro della Maddalena, gestito e diretto da donne. Lei stessa scrive molti testi teatrali, tra i quali Maria Stuarda, che ottiene un grande successo internazionale, Dialogo di una prostituta con un suo clienteStravaganza ed altri. Dal 1967 ad oggi Dacia Maraini ha scritto più di trenta opere teatrali, molte delle quali sono ancora oggi rappresentate in Europa e in America.

Un altro romanzo viene pubblicato nel 1972: Memorie di una ladra e Monica Vitti ne ricava uno dei suoi film più riusciti. L’anno successivo esce Donna in guerra, poi tradotto, come quasi tutti i suoi libri, in molte lingue. Nel 1980 è la volta di Storia di Piera, scritto in collaborazione con Piera degli Esposti: Marco Ferreri ne ricaverà un fortunato film con Marcello Mastroianni.

Degli anni Ottanta sono i romanzi: Il treno per Helsinki (1984), sulla nostalgica ricerca degli entusiasmi del passato, ed Isolina (1985), la storia toccante di una ragazza fatta a pezzi a cavallo tra l’Ottocento e Novecento.

Nel 1990 esce la Lunga vita di Marianna Ucrìa, che vince il premio Campiello ed altri prestigiosi premi ed ottiene un enorme successo di critica e pubblico. L’anno successivo escono la raccolta di poesie Viaggiando con passo di volpe ed il libro di teatro Veronica, meritrice e scrittora. Nel 1993 è la volta di Bagheria, un appassionante viaggio autobiografico nei luoghi d’infanzia e Cercando Emma, che ripercorre la vicenda del romanzo Madame Bovary di Flaubert per capire il suo fascino e svelarne il mistero. Nel 1994 il romanzo Voci, anch’esso vincitore di molti premi letterari che offre una nuova interpretazione sul tema della violenza sulle donne.

I grandi temi sociali, la vita delle donne, i problemi dell’infanzia sono ancora al centro delle sue opere successive: il breve saggio sulla modernità e sull’aborto Un clandestino a bordo (1996), il libro-intervista E tu chi eri? (1998) e la raccolta di racconti sulla violenza sull’infanzia Buio (1999), vincitore del Premio Strega. Del 1997 è il romanzo Dolce per sé, in cui una donna matura e giramondo scrive ad una bambina per evocare i ricordi del suo amore per un giovane violinista, descrivere viaggi, concerti, aneddoti familiari. Se amando troppo (1998) raccoglie le poesie scritte tra 1966 e il 1998.

Tra il 2000 ed il 2001 sono pubblicati: Amata scrittura, in cui svela con passione e umiltà i segreti del mestiere di scrittore, Fare teatro 1966-2000, che raccoglie quasi tutte le sue opere teatrali e La nave per Kobe, in cui rievoca l’esperienza infantile della prigionia in Giappone. Nel 2003 sono pubblicati: Piera e gli assassini, il secondo libro scritto in collaborazione con Piera degli Esposti e le favole di La pecora Dolly. La letteratura, la famiglia e il mistero del corpo sono i temi principali di Colomba (2004). Degli ultimi anni sono, invece, la raccolta di articoli I giorni di Antigone (2006) ed il saggio Il gioco dell’universo (2007), di cui è coautrice insieme con il padre. Ancora estremamente prolifica, Dacia Maraini viaggia attraverso il mondo, partecipando a conferenze e prime dei suoi spettacoli. Nel 2008 ha pubblicato il romanzo Il treno dell’ultima notte, nel 2009 la raccolta di racconti La ragazza di via Maqueda, nel 2010 La seduzione dell’altrove, nel 2011 La grande festa, nel 2012 L’amore rubato e nel 2013 Chiara di Assisi. Elogio della disobbedienza. Del 2016 uscito, sempre per Rizzoli, il nuovo romanzo: La bambina e il sognatore.  Seguono Corpo felice del 2019,  Trio 2020, Il coraggio delle donne, dialogo con Chiara Valentini 2020.

  • Come ha vissuto e vive Dacia Maraini la paura della pandemia e la necessaria, indispensabile serie di restrizioni?

 Le vivo male perché sono abituata a viaggiare, ad andare a teatro, al cinema, a cena con gli amici. Ma accetto tutte le restrizioni pensando al dolore delle povere persone che se ne stanno chiuse nei letti di ospedale senza ossigeno e senza la vicinanza dei parenti. Ho abbastanza immaginazione per capire la sofferenza degli altri e quello che sento e che vedo mi addolora e mi angoscia. Giusto l’altro giorno è morta di covid un’amica di altri tempi, un’attrice: Saviana Scalfi che ha rappresentato diversi miei testi teatrali. Una donna forte, piena di vita e sempre pronta a nuove iniziative. E’ morta di questo orrendo virus, che si è insinuato nelle nostre vite con fare subdolo e inquietante.

  • Come Giovanni Boccaccio nel Decamerone, Dacia Maraini rifletterà in un suo futuro scritto su questa attuale grave pestilenza?

Il mio ultimo romanzo, pubblicato quest’anno, TRIO, racconta di una storia di amicizia e d’amore che si svolge durante la peste di Messina nell’anno 1743.  Mi è venuto spontaneo raccontare questa storia durante la pandemia raccogliendo le somiglianze fra ieri e oggi: il bisogno meschino e folle di trovare un responsabile; la paura che porta a galla le peggiori forme di irrazionalità collettive.

  • La convivenza forzata e prolungata, durante la pandemia ha esacerbato le conflittualità nei contesti familiari implementando la violenza di genere. Qual è il Suo contributo a riguardo?

 Io posso contribuire con la scrittura. E’ il solo strumento che conosco. Lo faccio denunciando, razionalizzando, chiarendo. Non so quanto possa aiutare, ma è tutto quello che posso fare. Non serve a niente buttarsi in imprese di cui non si ha competenza. 

  • Il coraggio delle proprie idee e la libertà di autorealizzazione e di autodeterminazione sono diritti inalienabili delle donne. Cosa pensa Lei a riguardo?

 Benissimo esprimere le proprie idee e benissimo decidere di sé, ma sempre tenendo conto che esistono gli altri e rispettando l’altro da sé. Altrimenti si casca nell’egoismo più cieco. La libertà non è mai astratta e assoluta, ma si deve confrontare sempre con la libertà degli altri e stare alle regole della convivenza pacifica.