Coronavirus e sindrome della capanna

Coronavirus e sindrome della capanna

22 Giugno 2020 0 Di Miriam Perfetto

Dopo due mesi di chiusura forzata tornare alla normalità non è stato facile, molte persone stanno sperimentando il timore di uscire dalla propria abitazione perché assalite da ansie.

 

Nessuno mai avrebbe pensato durante il brindisi di capodanno che il 2020 sarebbe stato un anno nefasto, da incubo, da cancellare. Tutto il mondo, compresa l’Italia, sta vivendo un clima di guerra, una guerra diversa da quelle che si studiano sui libri di storia perché il nemico è un essere sconosciuto, indefinito, invisibile, un virus letale, che sta mettendo in ginocchio l’intera umanità.

Dal mese di marzo, con il decreto “Io resto a casa” si dà l’avvio al lockdown per tutelare la salute di tutti e in particolare quella dei più fragili, così ci dice il nostro presidente del Consiglio Giuseppe Conti. Dopo due mesi di chiusura forzata tornare alla normalità non è stato facile, molte persone stanno sperimentando il timore di uscire dalla propria abitazione perché assalite da ansie, angosce e frustrazioni, la paura di contrarre il virus è talmente forte da generare la cosiddetta “sindrome della capanna”.

Secondo gli esperti, la sindrome della capanna, conosciuta anche come sindrome del prigioniero non è disturbo psichiatrico ma una paura ad allontanarsi dalla propria abitazione considerata l’unico rifugio sicuro. Questa sindrome insorge in seguito a un prolungato periodo di distaccamento sociale, proprio come quello che abbiamo vissuto durante il lockdown. Il Covid-19 non è del tutto scomparso e il rischio di contagio è molto forte. Tali paure possono divenire estreme a tal punto da provare sollievo solo restando confinati tra le mura della propria abitazione.

La casa rappresenta il luogo più sicuro, un vero e proprio rifugio in questo momento della esistenza successivo al lockdown. Qualora dovesse persistere questo stato di agitazione, di ansia, nonché di paura permanente, è consigliabile il supporto dello psichiatra.