Causa di responsabilità medica: i principi di come i giudici debbano valutare la consulenza tecnica d’ufficio

Causa di responsabilità medica: i principi di come i giudici debbano valutare la consulenza tecnica d’ufficio

28 Settembre 2020 0 Di Corrado Riggio

In primo luogo, per i Giudici la consulenza tecnica d’ufficio non potrà mai essere utilizzata per sopperire ad eventuali carenze istruttorie delle parti.

La Suprema Corte di Cassazione con una recentissima Ordinanza recante numero 19631 del 2020 ha dettato i principi fondamentali di come debba essere correttamente valutata una CTU in un giudizio di responsabilità medica, da parte dei Giudici. Infatti, in un giudizio di responsabilità medica, la consulenza tecnica d’ufficio spesso è uno strumento istruttorio necessario poiché con la stessa è possibile colmare le lacune tecniche dei Giudici in suddetta materia, in modo da poter giungere a decidere, con le opportune conoscenze, la sussistenza o meno di un danno alla salute imputabile ad un intervento sanitario oppure alla condotta di uno o più medici.

La Cassazione, nell’Ordinanza sopra richiamata, ha sancito che il ricorso alla CTU e, soprattutto, la sua valutazione vanno effettuati tenendo conto di due principi che debbono essere considerati di fondamentale importanza. In primo luogo, per i Giudici la consulenza tecnica d’ufficio non potrà mai essere utilizzata per sopperire ad eventuali carenze istruttorie delle parti né tanto meno potrà mai essere utilizzata per ricercare fatti o eventuali circostanze non provati. Questa, infatti, potrà essere utilizzata solo come mezzo con il quale poter valutare in maniera tecnica dei dati che sono già stati acquisiti come risultato dei mezzi di prova richiesti dalle parti ed ammessi in giudizio da parte del Giudice.

Tutto ciò sta a significare, volendo citare le esatte parole utilizzate dalla Cassazione, che “Le parti … non possono sottrarsi all’onere probatorio di cui sono gravate, ai sensi dell’articolo 2697 del codice civile, e pensare di poter rimettere l’accertamento dei propri diritti all’attività del consulente.”.

Infine, la Cassazione ha, poi, chiarito che il Giudice, nell’aderire alle conclusioni cui è giunto il consulente tecnico d’ufficio nella propria relazione (nella quale avrà dovuto tener conto anche dei rilievi degli eventuali nominati consulenti di parte, replicandovi), non dovrà necessariamente soffermarsi sulle deduzioni contrarie dei consulenti di parte, ma basterà indicare le fonti del proprio convincimento. In questo modo, in sostanza, potrà esaurire il suo obbligo di motivazione.