Antonio Veneziano, recitare significa mettersi a nudo davanti al pubblico

Antonio Veneziano, recitare significa mettersi a nudo davanti al pubblico

8 Maggio 2021 0 Di Anna Mozzi e Pasquale Maria Sansone

Teatri ancora chiusi e la stessa sorte la hanno anche sale cinematografiche, sale da concerto, palestre, piscine e centri sportivi. I ristoratori sono al collasso, insomma quelli che in questo frangente soffrono tanto della clausura sono la maggioranza degli italiani. I ricchi che vivono di rendita, i signori politici e tutti quelli che si avvantaggiano di una retribuzione sicura e lauta, adeguata alle funzioni apicali svolte, risentono, invece poco della clausura. Un atto di generosità auspicabile potrebbe essere quello di mettersi nei panni di quelli che patiscono in questa congiuntura tragica. Questo atto di generosità che dovrebbe produrre una soluzione più adeguata al problema..la Merkel  docet… non può che venire da chi ci governa.

Nato a Genova ma da genitori napoletani inizia la sua formazione artistica nel canto all’età di15 anni studiando con Jenny Sorrenti e poi con il fratello Alan.

Dopo la maturità classica si dirige verso Trieste dove si diploma all’Accademia teatrale Città di Trieste, studiando recitazione con Lidia Kozlovich, Johnny Dorelli, Orazio Bobbio, Ariella Reggio e Antonio Salines. Segue la sua formazione accademica frequentando la BSMT, scuola di musical diretta da Showna Farrel, dove ha la possibilità di incontrare e studiare canto con professionisti come Lucio Dalla, Faye Neapon e Candace Smith. Successivamente si specializza al corso di Perfezionamento dell’attore di Santa Cristina con Luca Ronconi.

Continua la sua formazione frequentando numerosi corsi di perfezionamento presso l’Accademia dei Filodrammatici di Milano, la Biennale di Venezia con Angelica Liddell (Leone d’argento alla carriera 2014) e il C.U.T di Perugia (scuola dello Stabile dell’Umbria) dove ottiene il diploma di qualifica professionale come attore/performer riconosciuto in Europa. Affronta poi diversi incontri formativi lavorando con Luciano Travaglino, Sara Taylor, Marsela Serli, Davide Tonutti e Denny Lemmo (membro onorario dell’ Actor’s Studio di New York) Lavora quindi nel 2007 per il Teatro Stabile di Trieste “La Contrada” in Anatol diretto da Francesco Macedonio, successivamente diventa dipendente del Teatro lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste partecipando a numerose produzioni diretto da registi come Gabriele Lavia, Graham Vick, Giulio Ciabatti e Giancarlo Del Monaco.

Partecipa a produzioni nazionali come “E’ VIETATO DIGIUNARE IN SPIAGGIA-Ritratto di Danilo Dolci” di Renato Sarti e la regia di Franco Però con “Tetraktis” (teatro danza) regia di Cristina Deda Colonna. Nel 2006 con“Calderòn” di P. Pasolini, presso lo Stabile del FVG con la regia di Walter Mramor ottiene il riconoscimento della critica come“attore giovane di sicuro talento”. Nel 2012 diventa aiuto regista di Luca Ronconi per “Pornografia” di Gombrovitz che ha debuttato al Festival Dei Due Mondi di Spoleto, l’anno successivo. Significativa ed intensa l’esperienza con il Leone d’argento 2014 Angelica Liddell che lo convoca per una tournée internazionale con “Lo stupro di Lucrezia You Are My Destiny” che ha partecipato ai più grandi Festival europei. Quasi in contemporanea alla carriera teatrale si mette in gioco come doppiatore, speaker radiofonico e conduttore televisivo lavorando anche per emittenti nazionali come HSE24 e QVC Approda in TV diretto da Luigi Perelli in “Un Caso di Coscienza 5” 2013.

Nel 2019 gira un film con Mauro Serio e Ciro Scalera con la regia di Bruno di Marcello “Un eretico in corsia” in concorso al David di Donatello 2021 nello stesso anno firma la collaborazione con Patrizia Mottola nel film “The Mirror” che lo vede protagonista anche qui in concorso ai David e a breve in onda su Prime Video. Torna in TV al fianco di Alessandro Gassmann nella serie “I bastardi di Pizzo Falcone 3”. 

Come ha vissuto e vive Antonio Veneziano la paura della pandemia ed il disagio legato alle indispensabili misure restrittive?

Nella prima fase quando il virus era sconosciuto, la paura era più forte e si cercava di rispettare tutti i consigli di profilassi: guanti usa e getta, mascherine ultraprotettive. Si usciva raramente. Andare a fare la spesa per me era quasi un trauma. Temevo di toccare alimenti, precedentemente toccati da altri, semmai da persone contagiate. Non appena tornavo a casa disinfettavo tutto. Oggi gestisco questa paura con più tranquillità. In luoghi aperti, se sono da solo, abbasso la mascherina. Sono fiducioso che esistono terapie che possono curare il virus. Confido nel fatto che il vaccino possa risolvere tutto con un’adeguata immunità di gregge.

Colui che canta passa dalla gioia alla melodia, colui che ascolta, dalla melodia alla gioia. Rabindranath Tagore

Cosa rappresenta per Lei il canto? Credo che ci sia qualcosa di “divino” in quello che mi ha condotto a fare il mio mestiere. Sono credente e penso di dovere tutto al Buon Dio se ho avuto la possibilità di esercitare queste arti in maniera professionale. Ritengo che il canto, nel mio caso sia un dono “divino”. Ho studiato tanto, ma credo di aver avuto il talento, una marcia in più che mi ha aiutato a crescere professionalmente. Seguendo il punto di vista di Bob Marley, probabilmente il Buon Dio mi ha dato tutto, non si può interpretare al top questo mestiere senza una speciale ispirazione.

Quanti danni la pandemia, i lockdown e la cattiva gestione politica hanno arrecato al settore Teatro-Cinema e Spettacolo?

Questo periodo di pandemia ha letteralmente distrutto il nostro settore. Essendomi confrontato in questo periodo con molti maestri del Teatro e con molti colleghi e sono giunto alla considerazione che noi, forse, siamo percepiti come attori della Commedia dell’Arte, infatti, l’ex Premier Conte in occasione della presentazione dell’ennesimo dpcm parlò di noi come di “quelli che ci fanno tanto ridere”. Qualche giorno dopo la Merkel, invece, in suo discorso faceva presente che la Cultura andava sostenuta ad ogni costo, perché un Paese senza Cultura è un Paese senza identità. L’Italia è senz’altro la Nazione che ha dato vita alla cultura e all’arte. Il Rinascimento è un movimento culturale artistico di matrice italiana. Veniamo da una storia veramente interessante e ricca che affonda le radici nella grecità classica. Ad oggi siamo un Paese senza cultura la cui classe politica privilegia soltanto i comparti produttivi in cui gira il soldo. Noi deteniamo il70% del patrimonio artistico-architettonico mondiale. Chiudere indiscriminatamente musei, teatri, sale cinematografiche significa ignorare i veri valori del proprio Paese. Aiutare i Teatri che chiudono definitivamente il sipario compromettendo la vita di tutti quei lavoratori che contribuiscono alla realizzazione delle pièce teatrali, non interessa ai leader politici. In Francia, Germania e Spagna hanno investito molto nella cultura e nel sostegno di teatri cinema, sale da concerti.

“Il requisito fondamentale per un grande attore è che si piaccia quando recita”. SIR CHARLIE CHAPLIN.  Cosa significa per Lei recitare?

Quando si studia recitazione sembra tutto scientifico, ti spiegano la differenza tra l’immedesimazione e l’estraniazione. Diventa tutto un momento meramente teorico e lo studente di una Scuola d’Arte drammatica fa di tutto per accontentare il proprio docente. Quando, però, si cresce, e sono 15 anni che recito, si diventa più “naturali”. Eduardo parlava di neorealismo. Portare la vita vera in scena. Recitare non significa fingere, chi recita è Antonio che cambia forma ogni volta. Per fare bene questo devi conoscere bene te stesso. Metterci a nudo e dare sempre una parte nuova di noi stessi. Per me recitare significa sempre mettersi a nudo davanti al pubblico.

Non è finzione, per me l’acme di questo mestiere è la Verità. Concedersi completamente a chi ti viene ad applaudire con sincerità. Io vivo per un applauso sincero e per una critica costruttiva. Recitare significa vivere, quello che non vivrei nella vita di Antonio Veneziano. Recitare è l’unico modo per vivere anche le vite degli altri, respirare tutte le sfaccettature delle vite degli altri.